Passi del Corano, letture del Vangelo e lo Shemà, preghiera della liturgia ebraica. Recitati uno di seguito all'altro, ed ascoltati e meditati da un gruppo di giovani: musulmani ed ebrei, cattolici e ortodossi, italiani e bosniaci, serbi di Bosnia e croati di Bosnia e bosgnacchi islamici di Bosnia.
Una luce di pace e di fede al campus Santa Giovanna d'Arco a Vittorio Veneto.
Ad illuminare sono stati i giovani in arrivo dalle diocesi del Triveneto che da domenica 21 a martedì 30 agosto a Banja Luka parteciperanno al campo estivo “Scuola di interreligiosità”, e i loro formatori i giovani dell'associazione bosniaca Youth for peace: trascorreranno insieme i 10 giorni di campo, hanno cominciato a conoscerci nella due giorni di formazione svoltasi a Vittorio Veneto sabato 16 e domenica 17: proprio qui, perché è con Caritas Vittorio Veneto che, dieci anni fa, sono nati i campi di volontariato e formazione in Bosnia.
Ecco le foto più belle della due giorni.
Youth For Peace sono giovani cattolici, ortodossi, musulmani ed ebrei; psicologi, laureati in economia, educatori futuri medici e altre professioni. In 9 sono giunti a Vittorio per due giorni, prima di spostarsi per una settimana nella diocesi di Pescia (Pt),
Ci raccontano il lavoro dell'associazione due di quei nove: Dajana Dejanovic, ortodossa, che parla un buon italiano, e tramite lei Alen Vidovic, cattolico, nel suo croato.
Esattamente come accade in Italia, anche oltre Adriatico qualcuno obbietta al dialogo tra religioni.
“C'è chi ci dice: ma perché lavorate insieme a giovani delle altre religioni? Succede specialmente quando andiamo nei centri più piccoli, dove c'è sempre una religione che è netta maggioranza. E magari ci guardano strano. Ma per noi - insiste Dijana - è molto normale lavorare insieme, e siamo orgogliosi di farlo”.
Un lavoro che non è solo raccontare e mostrare a chi incontrano la convivenza tra religioni e culture che la guerra in Bosnia – all'epoca i giovani giunti a Vittorio erano poco più che lattanti- sembrava aver reso impossibile, ma che in realtà era stata una secolare consuetudine in quella parte d'Europa.
“Ci dedichiamo anche, ad esempio, ai ragazzi che non hanno famiglia e a 18 anni devono uscire dalle comunità di accoglienza (come accade in Italia, ndr): spieghiamo loro come scrivere un curriculum o come cercare lavoro, ma facciamo anche seminari di educazione alla salute, educazione alimentare, educazione sessuale...”.
Giovani istruiti ma cervelli che non fuggono, e si impegnano per il loro Paese: “vogliamo rimanere in Bosnia”, ci dicono con tono determinato Alen e Dajana.
Ma come vedete il futuro del vostro paese? “A volte non capiamo se si stanno facendo passi avanti o passi indietro. Ma cerchiamo sempre di guardare al positivo e di essere ottimisti”.
A sostenere l'attività di Youth For Peace sono alcune organizzazioni internazionali come Caritas, Renovabis (espressione della Chiesa Cattolica tedesca), la fondazione Konrad Adenauer.
L'ultima foto della due giorni di formazione, italiani e bosniaci la scattano davanti al Museo della Battaglia di piazza Giovanni Paolo I a Ceneda: il museo dedicato alla guerra che un secolo fa cominciò a Sarajevo, capitale della Bosnia Erzegovina, e per l'Italia si concluse a Vittorio Veneto, chiedendo il prezzo della vita a migliaia di giovani. Qui fa tappa, cent'anni dopo, un nuovo cammino di pace tracciato dai giovani.
Almeno sei i giovani della diocesi di Vittorio Veneto che parteciperanno alla Scuola di interreligiosità: Camilla Arnaudo di Vittorio Veneto, Silvia Giubilato di Mareno di Piave, Riccardo Cester di Fontanelle, Sira Zanchetta di Sarmede e le due giovani che stanno svolgendo in Caritas l'Anno di Volontariato Sociale, cioè Eleonora Segat di Colle Umberto e Sara Giacomin di Pieve di Soligo. Con loro, tra gli altri partecipanti, ci saranno altre due Avs, Sefora, in servizio con la Diocesi di Pordenone Concordia e Silvia, in servizio con la Diocesi di Treviso; più Francesca, in servizio civile alla Diocesi di Vicenza.