Piedi affiancati hanno camminato assieme per l'Europa: piedi di giovani italiani, bosniaci ed albanesi che per due anni hanno partecipato al progetto Erasmus Plus “Inside”  per apprendere e praticare lo sviluppo sostenibile e il recupero di spazi abbandonati.

Perché proprio l'ambiente? In forza del legame con l'enciclica “Laudato si'” di Papa Francesco, anzitutto. Ma perché in ballo non c'è solo la natura.
“L'ambiente qui è inteso come luogo in cui le relazioni possono avvenire: quindi prendersi cura dell'ambiente significa anche prendersi cura delle relazioni”, spiega Daniele Bombardi, di Ceggia, responsabile di Caritas Italiana per i Balcani.

Inside si è concluso con “Giovani in Europa”, incontro di studio e verifica del cammino percorso che si è svolto a Vittorio Veneto, con l'ospitalità del Campus Santa Giovanna D'Arco, dal 12 al 14 ottobre.  Ma tutti sperano che il percorso non si sia concluso. “Giovani in Europa” ha lasciato ai partecipanti l'idea di ripartire, per tenere strette le relazioni create e continuare a verificare che è la collaborazione tra più enti la strada per crescere.

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fotografia di Martina Tormena

 

Nel suo discorso di chiusura, il direttore di Caritas Vittorio Veneto don Roberto Camilotti ha individuato. In particolare, alcune “tracce di futuro”. Alcune idee per i prossimi progetti.

La prima è la ricerca e realizzazione di nuove opportunità di lavoro per le giovani generazioni.
“Credo - ha detto don Roberto - che il lavoro, l’investimento professionale, la possibilità di esprimere i doni ricevuti nell’ambito dell’attività lavorativa, siano un diritto per tutti (anche per le fasce di persone svantaggiate o con disabilità): un diritto che diventa un impegno e un dovere per la società civile e per la stessa Chiesa.
Si tratta di dare la possibilità agli stessi giovani di rispondere alla domanda: Cosa farò da grande? Una domanda che implica da parte di tutte le realtà educative ad affiancarsi ai giovani, non sostituirsi, affinché il loro presente non ristagni, non si ripieghi su loro stesso ma si apra fattivamente al futuro da costruire insieme. (… ) Con il desiderio e la necessità che le giovani generazioni siano responsabili e soggetti protagonisti nelle scelte che riguardano il futuro proprio e dell’intera umanità”.


Il secondo frutto delle riflessioni e delle esperienze italiane, bosniache ed albanesi: l'idea di rimanere nella propria terra, nel proprio Paese.
“Dove il rimanere non sta nel chiudersi spesso presuntuoso e sterile nel proprio orticello (...) bensì passa attraverso la presa di coscienza della propria identità culturale, di quel patrimonio, spesso trascurato o mal usato che è il territorio nel quale quotidianamente viviamo. (…) E come leggiamo nella Laudato Si (...)la salvaguardia dell'ambiente non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali di un'economia che persegue soltanto il profitto”.

Lavoro, territorio. E infine: innovazione.
“Nella dimensione dell'innovazione serve essere elastici e ricchi di fantasia, e occorre ammettere che da soli si può fare poco e mantenere la convinzione che l’errore più grande quando si cerca di innovare è di pensare più all’idea che alle persone che la realizzeranno. Qui viene fuori il bisogno preponderante di una ecologia delle relazioni. Se le innovazioni riqualificano le relazioni, sono le relazioni stesse che generano una significativa innovazione. Quindi investire sui legami e sui legami sociali… è quello che ci è stato chiesto ed è quello che cercheremo di continuare a fare”.

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