Il Covid-19 ha introdotto nel territorio diocesano una situazione assolutamente inedita, a tutti i livelli delle esperienze aggregative: famiglia, scuola, chiesa e società in genere.
Ma, soprattutto, questa nuova fase che sta vivendo il Paese ha fatto emergere realtà di povertà e di fragilità economica e culturale la cui esistenza era conosciuta solo in parte o non presa in sufficiente considerazione.

In questa situazione la Caritas diocesana, riconosciuta da molti come “istituzione” di supporto alla povertà, fa talvolta fatica ad intercettare quella fascia di famiglie - Banca d’Italia fa riferimento a circa il 50% delle famiglie italiane - che in questi mesi hanno visto ridurre notevolmente il proprio reddito, con una difficoltà ad affrontare mutui, rate, rette scolastiche.
Famiglie che, anche nel recente passato, erano abituate a portare alla Caritas i vestiti usati o un contributo per le adozioni a distanza, e ora vivono, pur con dignità e nel nascondimento, difficoltà a sbarcare il lunario e ad affrontare impegni assunti in tempi diversi, tempi migliori.

 “In questo è stato fondamentale il supporto dei volontari - afferma Mara Cattai, vice direttrice di Caritas Vittorio Veneto - che si sono dimostrati le “orecchie”, oltre che le mani, di Caritas sul territorio.

Venendo a conoscenza di situazioni di disagio si è potuto intervenire, talvolta anche in modo economicamente significativo, grazie anche all'aiuto dell'8x1000 della Conferenza episcopale Italiana, di alcuni Istituti Bancari del territorio, di Associazioni come il Rotary Treviso Piave, della colletta del clero diocesano e di tanti privati, per affrontare e risolvere situazioni di economia familiare altrimenti di difficile o impossibile soluzione."

Anche le misure emergenziali disposte dal Governo, in particolare quelle volte a sostenere i redditi di famiglie e lavoratori, si sono rivelate indispensabili e di reale sostegno… ma la difficoltà, soprattutto per le persone e i nuclei pluri-disagiati, di realizzare i percorsi burocratici necessari per usufruire di tali misure hanno rischiato di minarne in alcuni casi l’efficacia.
In questo contesto, il supporto e l’accompagnamento realizzati da Caritas, soprattutto attraverso il servizio dei nuovi e “vecchi” volontari e dei Centri di ascolto zonali (13 in tutto il territorio della Diocesi), sono stati il servizio più significativo e fecondo realizzato in questi mesi.

“Ancora una volta – dice Mara - abbiamo constatato la preziosità della parola che accompagna e sostiene chi si trova in difficoltà.”

“Guardando e pensando il futuro – prosegue Mara - nella piena consapevolezza di non avere soluzioni immediate e risolutive per affrontare e risolvere la problematicità del momento, come Caritas diocesana vogliamo crescere, con l’aiuto dei volontari sul territorio, nell’attenzione alle trasformazioni in corso, cogliere le domande, il più delle volte poste silenziosamente, dei poveri di sempre e dei nuovi poveri, rispondere adeguatamente ad esse, per quanto e come ci è possibile. Soprattutto dovrà essere compito delle Caritas comprendere, nel contesto attuale e inedito, le cause della povertà, per intervenire su di esse.”

“Solo impegnandoci a lottare contro le cause strutturali della povertà – conclude – riusciremo a proporre inserimenti e reinserimenti lavorativi, ad individuare e sostenere la possibilità di una casa per tutti, faremo intravedere quel modo di fare ed essere carità auspicato anche da papa Francesco, quella Carità nuova che nasce “nel corpo a corpo con la vita in atto, e non dai cenacoli chiusi””

 

Giovanni: “Entrato in contatto con il mondo del volontariato per caso. Volevo dare qualcosa, ma ho ricevuto tanto di più!”

“Non avevo mai avuto nessun contatto diretto e personale con il mondo del volontariato, che mi appariva quasi totalmente sconosciuto. Proprio per questo non sapevo nemmeno cosa potessi aspettarmi, ma dentro di me serbavo la speranza di poter vivere un’esperienza positiva, e oggi posso dire che è stata ampiamente esaudita.”

L’esperienza di volontariato in Caritas di Giovanni nasce “tardi”, ma è diventata col tempo qualcosa di più di qualche ora donata al prossimo: “Sono entrato in contatto con il mondo del volontariato per caso dopo la pensione. In passato il mio lavoro come funzionario di banca prevalentemente a Milano, ma anche spesso in giro per l’Italia, non mi lasciava tempo per impegnarmi gratuitamente per gli altri. Raggiunto il traguardo della pensione, mi sono ritrovato con sorpresa ad avere del tempo libero e ho incrociato il mio “nuovo futuro” per caso. Sono stato avvicinato da referenti della Caritas locale per gestire un progetto in start up che vedeva la partecipazione sinergica della CEI e di Banca Intesa.
La Caritas si occupa di varie strutture e di molti servizi. Attraverso questa esperienza ho potuto svolgere diverse mansioni. Attualmente mi occupo di vari settori: in particolare sono operativo nell’ambito amministrativo di alcune attività e associazioni della Caritas Diocesana di Vittorio Veneto.

E’ difficile descrivere una simile esperienza che ti coinvolge totalmente. Prima di iniziare provavo grande timore poiché non conoscevo assolutamente questa realtà. Settimana dopo settimana però mi sono reso conto che era cambiato qualcosa, non ero più io ad aiutare gli altri ma erano gli altri che aiutavano me. Noi volontari, gli educatori, gli operatori, tutti insieme formiamo un team nel cui centro mettiamo noi stessi, una parte di noi che condividiamo e tutti ci arricchiamo. Mi sono messo alla prova davanti a vari tipi di situazioni, a volte molto complesse e problematiche, poiché sono stato a contatto con esperienze di vita molto toccanti che mi hanno coinvolto interamente, non solo sul piano lavorativo, ma soprattutto su quello emotivo.

In questo periodo il Covid-19 ha colpito duramente anche il nostro territorio. La realtà del volontariato si è trovata a fronteggiare un’emergenza che da sanitaria è divenuta ben presto anche sociale. Ed è proprio un impegno di squadra quello che ci viene richiesto in questi tempi, per ripensare approcci e modelli di intervento, in uno scenario socioeconomico che sappiamo già essere con ogni probabilità il più difficile dai tempi della Seconda guerra mondiale e per comprendere quali idee debbano essere sviluppate per immaginare una possibile ripartenza.

L’impegno di mettermi a servizio dei meno abbienti, di chi vive situazioni di difficoltà è ricompensato dalla condivisione della nostra quotidianità. Il vivere insieme a coloro anche i momenti più semplici della giornata mi ha fatto sentire non solo volontario ma mi ha permesso anche di sperimentare un rapporto di vicinanza e amicizia. Volevo dare qualcosa, ma ho ricevuto tanto di più!

 

Anna Laura: “Ciascuna delle persone che ho incontrato mi ha dato qualcosa. Mi sembra di aver vissuto 100 vite.”

Il suo compito è quello di “tenere il cellulare del Centro di ascolto di Oderzo”. Ma il ruolo di Anna Laura è molto più difficile, delicato e arricchente di quel che si può pensare.
Infatti attraverso quel telefono arrivano le voci, le domande, le esperienze delle persone che si rivolgono alla Caritas per un aiuto, una richiesta o semplicemente per un supporto.

“Sono volontaria in Caritas dal 1994, o giù di lì – racconta – facevo anche la catechista ma volevo rendermi utile per più di quelle poche ore a settimana.
Grazie ad una amica, quasi per caso, sono entrata in contatto con i centri di ascolto e quello che ho trovato mi ha arricchito tantissimo.
Ogni persona in difficoltà che incontri, ma anche ogni volontario al tuo fianco è diverso, unico, e ti dona qualcosa. Anche se magari non se ne rende conto.

Ti innamori dell’essere umano e della sua umanità, perché anche chi ha bisogno di aiuto, con la sua testimonianza di vita, ti da ricchezza. Anzi, il suo essere in difficoltà gli permette di presentarsi senza maschere, di essere se stesso con i suoi difetti ma soprattutto con i suoi pregi.
Dopo oltre 20 anni come “ascoltatrice” di storie mi sembra di aver vissuto 100 vite, ciascuna delle persone che ho aiutato mi ha dato qualcosa.

Durante questo periodo di emergenza Covid le emergenze sociali si sono acuite, e ne sono emerse di nuove. Racconta Anna Laura: “Ora c’è molta più gente che si rivolge a noi, anche persone che mai avrebbero pensato di aver bisogno. Per questo ci vogliono delicatezza ed empatia, bisogna rincuorare e incoraggiare. Bisogna ascoltare.”

Ed è quello che fa con in mano il cellulare del centro di ascolto: “Quando la gente chiama faccio un po’ da filtro per aiutare il volontario che seguirà l’appuntamento a ricevere in maniera più preparata le persone. Ma anche richiamo per sapere come va: alle persone fa piacere ricevere una telefonata o un messaggino.

Il ruolo del volontario però non è solo ascolto e aiuto, ma anche programmazione.
L’emergenza Covid ha infatti richiesto adattamenti organizzativi, e il cellulare di Anna Laura è diventato anche uno strumento che agevola il lavoro del centro di ascolto: “Per evitare gli assembramenti ora riceviamo su appuntamento, e io raccolgo le prenotazioni”.
E per chi sa cogliere il buono in ogni cosa anche questa riorganizzazione diventa qualcosa di positivo: “Con gli appuntamenti si lavora molto meglio… penso che continueremo così!”

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