
Il direttore della Caritas diocesana, don Andrea Forest, condivide i progressi e le sfide dell’ente, l’importanza di far conoscere l’impatto concreto delle donazioni.
Un dialogo sincero sulla speranza, la solidarietà e il ruolo fondamentale della comunità nel sostegno ai più bisognosi, che si traduce in aiuto concreto capace di salvare anche una vita dalla disperazione.
Don Andrea, perché è bene sottoscrivere l’8xmille?
«È un atto di responsabilità attraverso cui contribuire a sovvenire alle necessità materiali della Chiesa. Si garantisce così la continuità di un sostegno economico alle diverse progettualità in atto. Basti pensare che circa il 95% di ciò che Caritas fa nel territorio e il personale stesso che vi opera sono ad oggi sostenuti esclusivamente con i fondi derivanti dall’8xmille. Non firmare per l’8xmille significa ad esempio precludere alle circa 80 persone a cui diamo casa la possibilità di garantirsi un futuro, o non riuscire a supportare il cammino delle Caritas locali nel territorio diocesano con un’adeguata formazione».
In che modo la Caritas diocesana decide i progetti per utilizzare i fondi provenienti dall’8xmille per sostenere le sue attività di assistenza e solidarietà nella comunità?
«In Caritas opera una responsabile dell’ufficio progetti che, insieme al direttore e a un gruppo di lavoro composto da 5-6 persone, cerca in un lavoro di squadra di leggere anzitutto i bisogni emergenti del territorio, anche grazie al monitoraggio che i volontari possono fare nel territorio grazie alla piattaforma Ospo-web. Sulla base di questo l’équipe del “Tavolo progetti” individua alcune priorità che Caritas è chiamata a perseguire, da lì l’ideazione vera e propria dei progetti. Non basta chiaramente ideare la linea di intervento: occorre poi pianificare con precisione il target, capire le risorse di cui si può disporre, coinvolgere possibilmente i destinatari nell’ideazione stessa del progetto. Occorre poi rendicontare ogni spesa alla Caritas italiana, dimodoché sia evidente il buon impiego delle risorse economiche e l’efficacia dell’azione condotta».
Come si possono sensibilizzare maggiormente i giovani e le nuove generazioni sull’importanza di destinare l’8xmille?
«Caritas ha da anni attivo un progetto che si chiama “La carità va a scuola” e prevede circa duecento laboratori di formazione con i ragazzi e i giovani, dalle elementari alle superiori. Ci sono poi i campi estivi di formazione all’estero e la scuola di pace in Bosnia ed Erzegovina. Sono tutti momenti importanti in cui la Caritas può comunicare la propria identità e spezzare i pregiudizi. Se un giovane tocca con mano la concretezza e i volti di Caritas, certamente si sentirà anche più motivato a sostenerne l’azione e le attività. Di sicuro bisogna investire sulla formazione e anche questo è un costo che l’8xmille ci consente di sostenere».
Quali sono le vostre aspettative future riguardo all’utilizzo dell’8xmille e come pensate di migliorare la comunicazione con i donatori per aumentare il sostegno?
«Penso di poter dire di aver fatto molto per comunicare meglio le attività di Caritas: penso in particolare ai post nei social, al rinnovo del sito internet, ai numerosi articoli nel settimanale diocesano che raccontano la nostra attività. C’è però ancora tanto lavoro fare! Ancora troppe persone identificano Caritas con la raccolta di vestiti (cosa che per altro come Caritas diocesana non facciamo più da molti anni!).Mi auguro in ogni caso che possa crescere la possibilità di far conoscere la nostra identità attraverso quelle che chiamiamo in Caritas “opere segno”, come ad esempio i laboratori di inclusione alla Casa dello studente di Vittorio Veneto o a Casa Murialdo di Conegliano. Una nuova realtà poi sarà Casa Maria Bambina a Vittorio Veneto, una casa per l’accoglienza di donne e donne con figli minori; come pure l’imminente inaugurazione del primo ambulatorio di prossimità che sorgerà in diocesi come segno di questo anno giubilare della speranza».