Stare a fianco dei giovani nel percorso Andiamo Oltre

Stare a fianco dei giovani nel percorso Andiamo Oltre

Oggi riflettevo sul mio ruolo nell’accompagnare i ragazzi che scelgono di vivere l’esperienza estiva proposta da Caritas, dall’Ufficio Missionario e dalla Pastorale Giovanile: un’opportunità pensata per i giovani della nostra diocesi, affinché possano incontrare nuove realtà che aiutino ad aprire lo sguardo sul mondo.

Già con la mia partecipazione all’associazione degli scout ho avuto modo di mettermi in gioco, sia come partecipante sia come accompagnatrice. Questo percorso è poi continuato con l’inizio del mio lavoro in Caritas.

Questa riflessione è nata spontaneamente ripensando a quanto vissuto dal 9 al 19 agosto in Turchia, insieme a Roberto (giovane adulto e accompagnatore) e a sei giovani della diocesi di Vittorio Veneto.

Ripenso al cammino fatto prima della partenza, un cammino iniziato il 25 gennaio con il percorso Andiamo Oltre, durante il quale circa cinquanta giovani si sono incontrati una volta al mese per conoscere le iniziative promosse: quali mete si potevano scegliere, quali realtà si sarebbero incontrate, quali costi da sostenere. Ma non solo! In questi cinque incontri abbiamo conosciuto alcune realtà di Caritas e del Centro Missionario, abbiamo dialogato sul cambiamento climatico, ascoltato la testimonianza di giovani migranti provenienti dall’Africa, incontrato i giovani delle diocesi di Pordenone e Treviso in uno scambio di attese e di destinazioni da raggiungere.

A questo percorso si sono aggiunti incontri specifici per ogni meta. Un cammino di preparazione fondamentale, che ci ha permesso di conoscerci, di diventare compagni di strada e di approfondire le realtà che propongono questa esperienza. Caritas, Centro Missionario e Pastorale Giovanile non sono agenzie di viaggio, ma realtà della diocesi che offrono ai giovani spazi in cui aprire lo sguardo su realtà “altre”, spesso poco conosciute, realtà di fatica ma anche di grande ricchezza e condivisione, dove è possibile crescere nella fede, nell’appartenenza alla Chiesa e nella comunità.

Quando mi chiedono perché faccio questa esperienza, vedo i volti dei ragazzi, i loro sorrisi, le scoperte condivise, il loro sostegno — soprattutto nelle traduzioni dall’italiano all’inglese, per me che non parlo la lingua inglese — e le condivisioni dei pasti. Penso alle serate in cui ci raccontiamo ciò che abbiamo vissuto, in cui proviamo a dare un senso all’esperienza e, soprattutto, a trasformarla in piccole mete per costruire un futuro più giusto per tutti. Tante le parole, i silenzi, le cose ancora sospese, le immagini…

A Buca, uno dei distretti di Smirne, in Turchia, abbiamo trascorso le domeniche in una piccola — e credo unica — parrocchia cattolica, dove tre giovani suore e padre Philippe accolgono una comunità di profughi provenienti dall’Africa, che vive nelle periferie della città. Arrivano vestiti a festa e si riversano nella piccola chiesa per partecipare alla Santa Messa in lingua francese. La meraviglia dei giovani partecipanti è vedere persone che rischiano la libertà pur di partecipare alla Messa. Il volto della signora anziana e povera che sopravvive raccogliendo le bottiglie di plastica che altri buttano. La bambina felice, radiosa, per quella macchinina gialla senza ruote, trovata in un grosso sacco di immondizia non differenziata, dove si era immersa per estrarre  cartone e plastica al fine di aiutare la sua  famiglia.

Il 15 agosto, festa dell’Assunzione della Vergine Maria, abbiamo potuto celebrare la Santa Messa a Efeso, presso la Casa di Maria, per la prima volta in rito armeno da quando è riconosciuto come santuario. E poi saltare tra le onde del Mar Egeo, lasciando che quell’acqua portasse via la fatica e il sudore del lavoro fatto.

Ne vale la pena!

Dimentico le fatiche, e ringrazio Dio per l’opportunità vissuta e per il fatto che siamo rientrati a casa tutti sani e allora la mia risposta è semplice: lo faccio perché i giovani ci stanno a cuore.

Mara Cattai